Rendite vitalizie

20 ottobre 2014

La ricorrente proponeva ricorso in Cassazione contro la sentenza d’appello che le impediva di conseguire dall’INAIL la rendita ai superstiti (art.85 d.P.R. n. 1124/65), in qualità di madre del contribuente deceduto in seguito ad infortunio sul lavoro, in quanto la Corte d’Appello di Cagliari aveva escluso l’insufficienza dei mezzi di sussistenza della stessa, valutati sì limitati, ma comunque sufficienti a fronteggiare le primarie esigenze di vita.

La cosidetta valutazione della sufficienza dei mezzi di sussistenza. Il livello quantitativo dei mezzi propri di sussistenza (purtroppo a volte le normative dicono sin troppo a volte poco o nulla) non è determinato né per legge, né con direttive amministrative, né attraverso la giurisprudenza di legittimità. La determinazione in concreto della sufficienza dei mezzi di sussistenza è, dunque, tipico giudizio demandato al giudice di merito, il quale può rilevare tale sufficienza in relazione al costo della vita, al potere di acquisto della moneta e agli altri standards sociali del luogo in cui la vicenda si svolge.

Nel caso in esame, il giudice d’appello aveva dato rilievo al reddito da pensione e ai debiti inerenti alla casa di abitazione, e non a fatti eccezionali quali i debiti ereditati dal marito defunto nella gestione dell’attività commerciale. Il rapporto tra il contributo  del de cuius e i mezzi propri dell’ascendente.

Ai sensi dell’art. 106 d.P.R. n. 1124/65 «la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto».

I due presupposti, secondo giurisprudenza costante, sono entrambi necessari e devono coesistere in ogni singolo caso (Cass., n. 18520/2006).